Strappiamo erbacce




Domani mattina, andrò a trovare mia mamma e mio papà al Verano. Lo faccio ogni anno e mi porto dietro i crisantemi, un vaso fiorito di corolle bianche e anche alcuni sciolti da mettere nei cilindri di metallo che fanno della tomba di famiglia  una ordinata bellezza. Prendo il 71, quando ancora il mattino è in boccio e le ombre, appena risalite sul terrazzo dell'universo, scrutandoci, attendono la sera. Ho con me anche un paio di guanti di gomma, uno scopino, uno straccetto per togliere le foglie, nettare il marmo e far ritornar nel cosmo il caos in cui è precipitato dopo più o meno un anno l'ultimo indirizzo dei miei genitori.

Sull'ultima frontiera, lo so, oramai ci sono io e figli e nipoti oramai adulti e alcuni anche già genitori. Ma la memoria accesa mi riporta l'immagine di mia madre, bellissima, giovane, con il suo bel foulard di seta allacciato sotto il mento, che mi chiama da lontano "Betta, Betta!". Per lei ero Betta, per mio padre, a volte, Bettina. La vedo, mia mamma, nel giorno in cui tornan vivi vivi i morti, e siamo insieme in giardino, nel suo bel giardino all'Aventino, mentre lei, in controluce, mi insegna, indicandoli a indice teso, i nomi di fiori, alberi e piante e poi insieme, tornate silenziose e assorte, strappiamo erbacce...

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