In fondo ce la siamo cavata
Oh com'è allegra e colorata Porta Portese che splende di luce in questa domenica mattina tutta nuova, lavata nella notte dagli angeli celesti! Sì, una domenica speciale, per me, perché al mercato romano sono andata con i miei fratelli, i due che mi sono più vicini per età e che, uno in particolare, non vedevo da un anno, essendo lui oramai abitante di un Paese lontano dove ci sono più pappagalli che passeri.
Giriamo e snasiamo, insieme, tra i banchi. E in quello del napoletano che riempie due tavolacci di cianfrusaglie e cosine e cosette, trovo una ballerina sulle punte con le braccine rotonde sul capo e un visetto di stella che m'innamora. La prendo. Mio fratello è a caccia di soldatini atlantic e li trova poco dopo sul fronte, diciamo così, occidentale del mercato. Mia sorella, che sa trovar oro nel fiume di roba, se ne sta d'un canto e dichiara di aver già la casa piena di cose e quindi sarà per un'altra volta.
Seduti al bar, dopo aver abbracciato Silvia (che non vedevo da trent'anni) e salutato Lydia (che ho visto da poco) è tempo di parole tra noi. E di fotografie che ci ritraggono, bambini e giovinetti, a Cala Girgolu e tutti quanti abbiamo un ricordo comune che parla di come erano le mamme di allora. Mia sorella, a quattordici anni, si ritrovò da sola a Heatrow, diretta in Irlanda e ci arrivò solo per la grazia di chi le prestò aiuto; mio fratello in montagna, sul cucuzzolo di un colle di ghiaccio, solo, a caccia del suo maestro di sci (che trovò solamente per caso a valle, arrivandogli in ruzzolo addosso) e io, giunta a Les Capucines in pullmann nella pioggia savoiarda, lì dove le altre giungevano in limousine e le tantes mi dissero che avevo sbagliato indirizzo... Ridiamo in tre, in fondo ce la siamo cavata.

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