Era tutto il contrario
Al martedì pomeriggio (o era di venerdì) eccomi all'Istituto domenicano di San Sisto Vecchio che apriva il portone antico, bocca di drago, sulla passeggiata archeologica. Entravo e il vociare delle bambine in attesa di chi le riaccompagnasse a casa mi arrivava addosso come una folata d'allegria. I grembiulini bianchi in agitazione, tante gambette nude saltavano la corda, altre impegnate nel gioco della campana disegnata con un gessetto bianco nell'impiantito del cortile. Loro giocavano e io entravo da Suor Maria Grazia, rotonda, morbida come un pan di farina, mi abbracciava tutta e poi a sedere per la sonatina.
Ogni anno se n'imparava una differente e si tornava così a casa, soddisfatti, con le dita elastiche, già nel cuore delle note e pronte a fare il pavone con i genitori. Non vi dirò come e perché smisi di suonare, ma solamente che, giunta - musona - al Ludovico Da Victoria (che era allora un conservatorio e da lì sparì, ma io non ci andavo più, Emanuela Orlandi), passai l'esame, compreso solfeggio e dettato, non so proprio come.
Una mattina scolorata di domenica, già luglio credo, a Porta Portese, mi trovo faccia a faccia con un compagno di corso. Gran barbone, sui trenta, vendeva nel suo banco giacche di pelle usate. Mi vide e: "Tacci stracci, Benedè, ce l'hai fatta!". E invece era tutto il contrario. Ah dolce Suor Maria Grazia!

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