You are superb
All'ultimo piano del palazzo d'ocra e di sogno dove s'allocava, tanti anni orsono, l'Istituto Mater Dei, che aveva gli occhi sulla timida salita di San Sebastianello c'era la stanza della direttrice, di nome Sister S.K. Era una donna alta e snella, dal volto rotondo e bianco, gli occhi di castagna dardeggiavano da sotto il reggivelo che era una striscetta bianca sulla quale si stendeva poi il velo scendente sugli omeri e quasi fino alla vita. Esser chiamate lì da lei, nell'empireo della scuola, voleva dire, al contrario, precipitare nell'abisso della paura. Toccò anche a me e che cosa mi capitò lo racconterò, ma non sino in fondo, qui sotto d'un rigo. Scendiamo tenendo il filo d'un palloncino rosa.
Parlava in inglese, sgridava in inglese. La mia colpa le uscì come uno sputo dalle labbra eleganti e sottili: "You are superb", disse. Mi colpirono quelle tre parolette come tre frecce dalla punta avvelenata e sentii in gola un pizzicore e poi gli occhi riempirsi di spume. Due lacrime mi scesero sulle guance mentre lei mi intimava di andar via, di raggiungere le compagne e di cambiare.
Mi alzai, scesi a precipizio le scale, entrai in classe, ingoiai il pianto per non finir zimbello di certe compagnette che ancora oggi, mamme e nonne, pungono. Passarono le ore, suonò la campanella, eccomi di corsa a siluro entrare in casa: "Mamma - voce con nodo in gola - che cosa vuole dire superb?"
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