Un bimbo di nome Noè
La figlia di una mia amica d'infanzia ha avuto un bambino. E lo ha chiamato con un bel nome biblico, che parla di futuro e di vita che verrà. Ho voluto farle un pensierino, un pigiamino color arancio, con tutti gli animaletti della sua piccola arca, e, dopo averne fatto un pacchettino ingentilito in stile giapponese, l'ho portato a sua madre, lasciandolo nel gabbiotto del portiere di un bel palazzo del quartiere Parioli. Poi me ne sono andata via, nel mio taxi bianco, a un appuntamento dal notaio che mi vedeva far la parte di qualcun altro, tra visi scuri.
Passati due o tre giorni, ho ricevuto la chiamata della mamma nuova ed è stato dolce, davvero, ripensare a quando era lei la piccolina e io e sua madre giocavamo con lei come, da piccoline, avevamo fatto con i nostri "Giovannino". E' stata una telefonata d'affetto acceso, nonostante i tanti anni di lontananza.
E insieme abbiamo ricordato delle volte, tante, in cui lei e io ce ne andavamo per le rive sarde a caccia di conchigliette dalla punta rosa. Un giorno, tornando dalla punta di Cala Girgolu dalla parte di Porto Taverna, dove le spiaggette erano un tempo piene di conchiglie, ci fermammo, lei e io, da un certo vecchio ingegnere, allora alla fine dei suoi anni. Disteso a letto, volle che sedessimo con lui un pochino. Ci guardò, confusamente pensando che la bimba fosse figlia mia (per quanto mi somigliava, come anche sua madre dice) e poi la fece avvicinare e con le dita nodose le fece un buffetto sulla guancia e sorrise contento. Doveva morire poco dopo, ma so, perché lo so, che ebbe nel toccar quella piccola guancia di pesca, il sorriso della vita...
La piccola foto che decora il post mi viene da lei, con una lacrima di rimpianto per quei giorni felici. E mi pare siamo, lei con i lunghi capelli sciolti che coprono la piccola Angela e io poco più in là, tutta presa dalla ricerca del corallo, sullo spalmatore di Tavolara...
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