Elsa del mio cuore
Io, qui, nel silenzio settembrino che mi solletica il ricordo, penso a quando, sui diciannove anni, incontrai per la via mia letteraria Elsa Morante. Fu amore incondizionato a prima vista. Lessi prima d'un fiato "La Storia", subito dopo "L'isola di Arturo" e poi, e ancora mi commuovo, "Menzogna e sortilegio". E c'era nelle sue storie pur amare, una lucente, meravigliosa speranza che altrove vi fosse la felicità...
Sorrido tra me mentre ripenso a come desideravo ardentemente che arrivasse la sera per ritrovarmi, nel mio letto rosa, sola, a tu per tu con Elisa e con tutti i personaggi che popolavano il suo romanzo, per me, napoletano.
Poi arrivò "Aracoeli" e il disincanto. Un libro duro, scorato che aveva perduto la speranza.
Rincorrevo, tuttavia, la Morante per le sue strade romane: Testaccio, Monteverde, Via dell'Oca (dove abitò con il marito Alberto Moravia) e la inseguivo nei ricordi dei giornalisti più grandi di me che mi capitava di conoscere. Alcuni erano stati suoi amici e me la descrivevano selvatica, scontrosa, difficile da capire. Ma non trovai mai chi le fosse stato davvero amico o forse di amici non ne aveva punto.
Poi un giorno alla Biblioteca nazionale di Roma allestirono una mostra con l'archivio di Elsa, manoscritti, brogliacci, taccuini, fogli sparsi, e ricostruito il suo studio, la sua stanza, i suoi gatti persino. Mi persi, beata, tra i gatti di Elsa che portavano nomi immaginifici come Useppe Mandulino.
Ricordo una pagina, fitta di parole e di felini disegnati come fanno i bambini con gran baffi aristocratici: cercava il titolo per il suo romanzo e alla lo trovò in "Menzogna e sortilegio"...
Su un foglietto piccolo così trovai scritto: "Quello che pensavi fosse un piccolo punto sulla terra, fu tutto". Non so perché ma quelle poche paroline mi arrivarono come una freccia nel cuore, con Elsa il mio primo, grande amore letterario di ragazza... Ma ne dovevano venire altre e alcune vive (delle quali scriverò).
Commenti
Posta un commento