Un editore per Dormi Cecilia: riflessioni sull'editoria di oggi

 




Cercando un editore per "Dormi Cecilia".

Non so se vi ho mai detto che la mia ultima fatica s'intitola come ho scritto sopra e non desidero qui anticipar nulla sulla storia e l'intreccio perché sono ancora tutta immersa nella ricerca di un editore per la piccola Ceci. Cosa non da poco in questi anni convulsi dove tutti scrivono e tutti pubblicano e il bello e il brutto trovano gli stessi impacci e problemi. E ve li spiego così da dissuadervi casomai voleste mettervi a scrivere (come purtroppo faccio io ormai da sempre).

Allora, dovete sapere che in Italia ci sono quasi più scrittori che lettori e quindi con questo sproposito in evidenza analizziamo un poco il mercato per come me lo ha raccontato un editore che, alla lontana, si era detto interessato alla mia opera. Mi ha spiegato che per quanto un editore possa avere un buon distributore - mettiamo le Messaggerie che sono il meglio che c'è - le prenotazioni nelle librerie si aggirerebbero più o meno intorno alle 200 copie. Sì, 200 avete letto bene. Questo è, cosa più cosa meno, la media. Ed ecco perché Bookabook, l'editore del crowd funding, con cui ho pubblicato "Cuoresardo" e "Romaamor", chiede a chi si vuol cimentare nella pubblicazione del proprio libro di racimolare 200 prenotazioni. A quota 200, infatti,  i costi del libro sono pagati... E provatevi a immaginare quanto  difficile possa essere convincere qualcuno a tirar fuori i soldini suoi per aiutarti a pubblicare il tuo libro. Io l'ho fatto per ben due volte, so che cosa significa e mai più lo farò.

Ci avete pensato? Bene,  se le prenotazioni di bookabook sono una vendita vera e propria non così le prenotazione nel ciclo normale. Prenotazione non significa vendita. Perché, ahiahiahi, ci sono i resi. Cioè le librerie rimandano indietro l'invenduto e di solito sono dolori. Mi ha detto, sempre il mio editore anonimo, che gran parte dei libri vende un massimo di cinque copie, a volte proprio zero. Sì, avete letto bene, cinque copie. E benissimo: ZERO. E non stupitevi più di tanto se un libro in cinquina allo Strega, non certo il premietto della porta accanto, aveva avuto, prima della corsa (poi perduta)  appena 350 vendite. Mi cadde la mascella nel leggere l'impietosa cifra che però era reale, vera. Eppure provate a mettere uno dopo l'altro i numeri e scoprirete che 350 è già una bella cifretta...

Ecco, quindi, perché gli editori non rischiano più, ecco perché fioccano gli editori a pagamento (la vanity press come la chiamano gli inglesi che vanno diritto al sodo) ed ecco perché anche gli autori delle grandi case editrici piangono (come una figlia d'arte, un cognome illustre, che si lamentava con mio fratello di non alzare chiodo con il suo ultimo romanzo). I libri, anche a spingerli, non si vendono. Anche perché spesso, non essendoci più a monte la cernita oculata e il passino del letterato vero (che un tempo c'era, eccome) la qualità è scadente. E le influencer chiacchierine che si stupiscono se un lettore definisce l'ironia un ingrediente base per la scrittura (una che ho conosciuto io, in carne ed ossa) non bastano, anzi fanno anche tanti danni per la superficialità sparsa a chili...

Questo il doloroso quadro d'insieme dell'editoria in Italia, ma, tutto ciò premesso, pur non avendo avuto fortuna con il mio primo editore (non ci siamo messi d'accordo) io vado avanti e "Dormi Cecilia", lo spero, troverà un giorno il suo approdo e i suoi lettori perché i miei piccoli libri hanno venduto tutti quanti molto più di cinque copie. E ancora adesso vendono, senza recensioni, senza presentazioni (o poche), senza pubblicità.

E mentre m'appresto a firmare il mio passo e chiudo, un ricordo s'accende e picchia all'uscio del mio cuore. Eccomi giovanissima all'Accademia di Francia a un incontro (e siamo in pochi) con Francois Gallimard, che a tutti noi che lo ascoltavamo disse: "A noi non interessano i best seller, ma i long seller". Un passetto dopo l'altro, avanti,

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