Era José Saramago!


In un bel palazzo color mandarino, altezzoso e distinto, che si pavoneggiava tra altri fratelli, e cuginetti dalle parti della via Salaria, abitava, mi pare al terzo piano, la professoressa Luciana Stegagno Picchio, ordinario di letteratura portoghese alla Sapienza. In testa  aveva braci accese di capelli rossi e la personcina tutta svelta in gonna e camicetta, come fosse caricata sempre a molla. Quando per la tesi di laurea andavo a casa sua mi riceveva in un gran salone di rappresentanza, io lì e lei laggiù a un tavolo lungo. E quanto rise quando le proposi un raffronto tra Pessoa e Pirandello! Cala trinchetto, mia cara. Infatti finii con una tesi dedicata a poche pagine di prose poetiche "Nuvole" tratte dal Libro dell'Inquietudine di Bernardo Soares (uno degli eteronimi di Pessoa).

Ma torniamo all'inizio quando decisi di scegliere il portoghese come lingua quadriennale e quindi laurearmi con lei, con la Stegagno Picchio. Come ricordo il mattino che mi ritrovai non in una aulona gremita a Villa Miraafiori (come erano tutte le classi di inglese), ma in un'auletta piccola così con pochi studenti e io tra loro nella parrucca del gran palazzo bianco di Lettere alla Sapienza medesima. Il cielo blu, gli alti edifici bianchi, il sole a picchiar sui vetri. Sì, ero nel posto giusto. E così la Luciana entrò nella mia vita e io nella sua. Un ricordo chiude in squadra la mia memoria di lei. Sono a casa sua, l'aiuto a sistemare i libri che corrono su tutte le pareti di corridoi e stanze, d'un tratto suonano alla porta.

 "Vai tu, ti spiace?", mi fa e vado. 

Apro la porta a un signore distinto magrissimo, in paletot rigido e blu e gli occhialini d'oro. Corro a riferire alla padrona di casa.

 "C'è un vecchiettino così e così",  e descrivo il tipo.

"Ah sì, è José!", esclama festosa.

Era José Saramago.

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