Guardando il mondo a testa in giù e ricordando Emilio


 Lungo Corso Magenta, a Milano, all'altezza della stupenda Basilica delle Grazie (che amo) dove s'ammira anche il cenacolo di Leonardo (che era la sala da pranzo dei frati domenicani) c'è, sulla destra, una piccola gemma meneghina, il Museo Martinitt e Stelline dove si racconta la storia dell'opera a favore dei fanciulli orfani e abbandonati, gloria di Miano. Venivano raccolti in un edificio che si trovava accanto alla Chiesa di San Martino e per questo i maschietti erano chiamati martinitt, cioè figlioli di San Martino. Le bambine erano invece tante stelline, perché la loro casa era vicina a una Chiesa chiamata Santa Maria della Stella. Oh Benedetta, avanti, arriva al punto. Arrivo, arrivo. Dunque ci furono martinitt famosi come l'editore Angelo Rizzoli (che imparò l'arte della stampa proprio in orfanotrofio). E ci furono insegnanti di pregio per questi infelicini. Ad esempio uno scrittore che io amo molto e che leggo e rileggo per prender , per osmosi, da lui stile e lessico e cioè Emilio De Marchi. Se non avete letto il suo "Il Cappello del prete" ve lo consiglio vivamente perché si tratta di un giallo che ti prende per mano alla prima pagina e ti conduce fino all'ultima in gran sollucchero.

Stupendi sono anche i racconti "Storie di ogni colore" e poi ancora le "Nuove storie di ogni colore". Meno belli, secondo me, sono i suoi romanzi perché non regge le paginate infinite e si capisce che alla fine tira via tanto per scrivere... Ecco qui svelato un altro scrittore italiano di gusto che vale la pena di conoscere, sì un piccolo classico italiano dimenticato.

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