Cesare Marchi, le cattedrali e l'italiano
Nella grande casa color rosso pompeiano dove trascorrevo, sposina e poi mamma, i primi Natali dai suoceri, c'era uno spazio infinito per i libri, che svenivano insonnoliti nelle ampie librerie sparse nelle stanze. Quelli di Arnaldo, mio suocero, erano gialli, thriller, volumi in stile Grisham oppure pagine di viaggi e di arte in forma di strenna bancaria o di ente pubblico.
Mio marito, crescendo a pane burro e cultura, riempì gli scaffali dei suoi amati classici che comperava in Inghilterra quando ancora non c'era amazon. Le edizioni Oxford, con copertina color verde pallido, allineate con ordine, e letti e riletti a me (e al piccolo nostro) ogni volta che si poteva. Memorabili, oggi ancora, sono le sue letture dei racconti di Checov e il nostro preferito è "La verità viene a galla come l'olio"...
Per me festa grande era ed è tuttora scegliere in quella biblioteca colorata, i libri che stuzzicavano (e stuzzicano) la mia curiosità. Il preferito, che rileggo oggi pure, e ho letto ad ogni parentesi padovana, è "Grandi peccatori, grandi cattedrali" di Cesare Marchi, che mi immerge nel dorato Medioevo, tutt'altro che buio, ma tutto lumi e lucette e devozione. Secoli di fedeltà all'Eterna legge, che è anche la mia Tanti i capitoli e ognuno dedicato ad una delle stupende cattedrali italiane ed europee costruite con incredibile maestria da artisti senza nome e muratori...
Cesare Marchi scrive benissimo. Era un giornalista, un tempo molto famoso ora ingiustamente (secondo me) dimenticato. Che infatti lo ricordo. Conservo ancora gelosamente il suo "Impariamo l'italiano", dono di un mio caporedattore al Gazzettino e che consiglio vivamente ai tanti aspiranti scrittori che in questi giorni natalizi invitano a comperare i propri libri...
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