Non lo leggo il libro di Sally
Una amica mi ha consigliato il libro di una giovane scrittrice irlandese: "Intermezzo" e l'autrice ha nome Sally Rooney. Prima di comperarlo a occhi chiusi, fidandomi (ma meglio non fidarsi mai) di Giovanna sono andata a vedere su internet come potevo, per di così, assaggiare lo scrivere della Rooney. E, come sempre con la rete che ha modi e mode insuperabili, sono riuscita nel mio intento. Ho letto qualche pagina di un suo libro precedente e poi due capitoli del nuovo. E... puntini di sospensione per atterrare più giù.
No, non lo comprerò e no, non lo leggerò. E mi chiedo come possa piacere o dir qualcosa quella scrittura monca che pare lo scartafaccio di una dattilografa dei tempi miei. In stile ticchetocche. Frasi scarne, monche, due parole due messe di seguito e poi a capo per una nuova riga in singulto o in singhiozzo e via così per pagine. E poi parolacce e tutto tirato via, senza per dire lo stile asciutto di Hemingway (che non mi è mai piaciuto, ma vivaddio lo stile c'era...).
Ma non è questo l'argomento di queste mie poche righe. La noce è un'altra e più profonda: come è potuto accadere che si passasse, diciamo così per restare in Irlanda, da James Joyce alla Rooney, considerando quest'ultima alla pari con il primo? Io qualche idea ce l'ho. E penso a quando un certo artista, non uno scrittore, s'inventò una scatolina con dentro le sue feci e ne fece un'opera d'arte. Nessuno ebbe il coraggio di fiatare perché chi lo avesse fatto sarebbe stato fischiato, deriso, considerato un minus habens e per nulla moderno.
Ecco io credo che sia questo il precipizio: il conformismo, la paura cioè di alzar la mano e di dire che il re è nudo. Bè, io lo dico: la Rooney scrive male e non desidero spendere i miei soldi per comperare il suo libro e il mio tempo per leggerla. Alè. Squillano le trombe, rullano i tamburi, la verità sale pian piano le scale mentre la menzogna va sempre in ascensore...


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