Una parentesi sull'editoria (riflettendo)
Molto è cambiato nell'editoria dai tempi, oramai remoti, in cui frequentavo scrittori, scrittrici, il Salone di Torino e scrivevo recensioni di libri per i giornali (ricordo la gioia quando lessi "Per Voce sola" di Susanna Tamaro, i suoi bei racconti, ben prima che uscisse "Va dove port il cuore"...
Sì, un cambio di passo epocale che ha marcato una cesura con il passato. Sono nate, ad esempio, le scuole di scrittura, ma quando ero giovane io, simili cose erano considerate delle "americanate", pacchiane, assurde. I nostri maestri erano solo ed esclusivamente i grandi autori classici che sono chiamati classici proprio perché, in passo gentile, hanno superato le barriere del tempo e della dimenticanza. Sono lor che ci guidano nel cammino. Essi sono e devono esssere, per lo scrittore, immortali e unici maestri.
Chi si cimenta nella scrittura dovrà trovare, nel sentiero di carta, i suoi. Per questo, sgomenta, ho ascoltato uno scrittore in pectore, che ha frequentato la scuola Holden, dirmi candidamente di non conoscere Gogol, di non aver letto "Le anime morte", di non sapere punto chi è... Indi per cui, un best seller vende e poi, dopo un tot, sviene nel nulla, come mi spiegò Francois Gallimard in un bel pomeriggio romano trascorso con lui e altri editori francesi nella sede dell'Accademia di Francia. Sì, Balzac e anche Celine (che proprio la Gallimard fece l'errore di rifiutare!), ci saranno sempre e freschi e croccanti di stampa nuova, come appena usciti dal forno, per le generazioni a venire. Perché tutti, nella loro, Commedia umana riconosceranno un piccolo pezzo di sé, anche nel balzo a ritroso dei secoli. E la scrittura pungente e viva darà la scossa alla noia del blabla. La finisco qui e poi riprendo. Con un saluto ai miei pochi lettori lanciato nel cielo in un palloncino colorato.
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